Lo streaming fa bene alla musica e ai consumatori: l’Antitrust UK fa luce sul mercato

31 agosto 2022

Lo streaming ha trasformato l’industria musicale e per la prima volta è stato messo sotto la lente da una delle autorità di presidio del mercato in Europa: la Competition and Markets Authority, l’ente regolatore della concorrenza nel Regno Unito, ha pubblicato l’indagine conoscitiva istruita sei mesi fa sul segmento musicale dello streaming.

Il documento finale è un approfondito studio sul mercato UK, ma le cui conclusioni sono evidentemente applicabili alla generalità dei mercati, trattandosi di un fenomeno - quello dello streaming - di portata globale.

L’indagine dell’Authority UK

I funzionari dell’autorità britannica, nella lunga disamina del settore hanno approfondito molti aspetti: l’impatto della digitalizzazione e dello streaming, la supply e la value chain del mercato, i rapporti tra publisher e case discografiche, major e indie, i creatori (artisti ed autori), l’impatto dello user generated content, i contratti, e così via.

L’analisi ha poi approfondito l’impatto delle nuove tecnologie dello streaming sui consumatori e gli effetti della concorrenza sul rapporto tra piattaforme e case discografiche e nei rapporti con artisti e autori in un contesto in cui il mercato britannico si posiziona come terzo mercato discografico mondiale (nel 2021 è cresciuto del 13% a 1,8 miliardi di dollari) e gli artisti britannici restano tra i leader di mercato a livello globale con vendite di hit globali, come ad esempio Adele, nel 2021.

L’analisi di CMA si è pertanto concentrata su tutte le aree del mondo dell’industria discografica al fine di valutare l’impatto sui consumatori e sulla concorrenza.

Streaming musicale: i dati più significativi dell’analisi

Soffermandoci sulle risultanze dell’indagine, quali sono i punti emersi secondo CMA?

I ricavi della musica registrata hanno raggiunto 1,1 miliardi di sterline nel 2021, con l’80% della musica registrata ora ascoltata tramite servizi di streaming. L’anno scorso ci sono stati oltre 138 miliardi di stream musicali nel Regno Unito.

Gli ascoltatori hanno accesso a un’ampia scelta di musica a un canone mensile fisso e questi costi sono diminuiti in termini reali: l’accesso a un’ampia gamma di musica, vecchia e nuova, significa che le canzoni più vecchie possono ottenere più facilmente una nuova prospettiva di vita e trovare un nuovo pubblico. L’86% degli stream nel 2021 riguardava infatti musica pubblicata almeno un anno prima.

La digitalizzazione ha reso più facile per molti altri artisti le operazioni di registrazione e condivisione della musica, oltre che trovare un pubblico. Il numero di artisti, grazie allo streaming, è raddoppiato tra il 2014 e il 2020, passando da circa 200.000 a 400.000. Mentre sempre più artisti pubblicano musica e hanno più scelta che mai su come pubblicare il proprio lavoro, il mercato rimane difficile per molti creatori. Il reddito del settore è sostanzialmente stabile, ma più artisti offrono più musica.

Come è sempre stato il caso, mentre un piccolo numero di artisti di alto profilo gode di un enorme successo finanziario, la grande maggioranza non realizza guadagni sostanziali: su una base di 138 miliardi di stream complessivi nel 2021, l’analisi CMA ha rilevato che un milione di stream al mese potrebbe far guadagnare a un artista circa £ 12.000 all’anno.

In ogni caso, secondo l’indagine, i guadagni annuali degli artisti in streaming dalle major e i tassi di royalty medi tra il 2017 e il 2021 mostrano una tendenza all’aumento: un artista medio del Regno Unito ha guadagnato £ 2.000 dallo streaming dalle major nel 2021 con un tasso di royalty medio di circa il 26%.

Il ruolo delle major

Le 3 major discografiche giocano un ruolo chiave nel settore della musica registrata e gli elementi che la CMA ha raccolto non mostrano che questo mercato concentrato stia attualmente causando danni ai consumatori o che stia seguendo quelle preoccupazioni sollevate dagli artisti. Né le etichette né i servizi di streaming sembrano realizzare profitti in eccesso, come alcuni sostengono.

Sarah Cardell, Interim Chief Executive di CMA, ha così commentato le risultanze emerse: “Lo streaming ha trasformato la musica. La tecnologia sta aprendo le porte a molti nuovi artisti per trovare un pubblico e gli amanti della musica possono accedere a una vasta gamma di musica, vecchia e nuova, a prezzi che sono diminuiti in termini reali. Per molti artisti è dura come lo è sempre stata, e molti pensano che non stiano ottenendo un accordo equo. Tuttavia, la nostra analisi iniziale mostra che i risultati per gli artisti non sono determinati da problemi legati alla concorrenza, come profitti eccessivi sostenuti”.

In definitiva l’autorità britannica ha concluso la sua analisi decidendo di non aprire una formale istruttoria sul settore ma di continuare ad osservarne l’evoluzione.

Conclusioni

Lo scenario osservato riguarderà eventuali profitti in eccesso, eventuali concentrazioni a danno della concorrenza e consumatori, le tecnologie ed eventuali barriere all’ingresso o limitazioni nella concorrenza, come ad esempio i cambiamenti nel modo in cui i consumatori accedono ai servizi di streaming che influenzano il loro comportamento di ascolto - ad esempio se vi è una crescita continua nell’uso di altoparlanti intelligenti e se ciò potrebbe esacerbare le barriere all’espansione dei servizi di streaming che non dispongono di un proprio ecosistema di altoparlanti intelligenti; se le playlist o i consigli verranno generati sempre più spesso utilizzando algoritmi che potrebbero indirizzare i consumatori ad ascoltare un determinato tipo di contenuto, il che potrebbe destare preoccupazione per i consumatori, gli artisti e le aziende musicali se ciò non avviene in modo equo e trasparente; quanto sia difficile passare da un servizio di streaming musicale a un altro e se ciò limiti la forza della concorrenza tra tali servizi quando il mercato non è più in crescita; se il livello di innovazione da parte dei servizi di streaming dovesse diminuire; se le innovazioni a beneficio dei consumatori dovessero essere vietate dalle compagnie musicali; o se, infine, i consumatori dovessero essere svantaggiati in altri modi, anche attraverso prezzi più elevati.