Diritto d’autore e IA: così le norme dividono Usa e Ue

6 febbraio 2025

Proprio nei giorni dell’insediamento dell’amministrazione Trump, dove uno dei primi atti è stato quello di cancellare l’executive order di Biden sull’intelligenza artificiale, il Copyright Office USA pubblicava la seconda parte del Rapporto sulle questioni legali e politiche relative al diritto d’autore e all’intelligenza artificiale (AI). Questa seconda parte del rapporto affronta la tutela dei diritti d’autore dei risultati creati utilizzando l’intelligenza artificiale generativa.

All’inizio del 2023, il Copyright Office aveva annunciato un’ampia iniziativa per esplorare l’intersezione tra copyright e intelligenza artificiale. Da allora, l’Ufficio ha pubblicato linee guida per la registrazione di opere che incorporano contenuti generati dall’intelligenza artificiale, ha ospitato sessioni di ascolto pubblico e webinar, ha incontrato esperti e parti interessate, ha pubblicato un avviso di indagine chiedendo input al pubblico e ha esaminato più di 10.000 commenti reattivi, che sono serviti a giungere a queste conclusioni.

Data la rilevanza dell’ufficio, punto di riferimento della proprietà intellettuale a livello internazionale, vale la pena di soffermarsi su questa seconda parte del rapporto.

Il tema della proteggibilità delle opere in relazione all’uso di strumenti di AI

Un primo e rilevante elemento è rappresentato dalla posizione sulla proteggibilità delle opere in relazione all’uso di strumenti di AI.

“L’Ufficio afferma che i principi esistenti della legge sul diritto d’autore sono sufficientemente flessibili da poter essere applicati a questa nuova tecnologia, così come sono stati applicati alle innovazioni tecnologiche in passato. Si conclude che i risultati dell’IA generativa possono essere protetti dal diritto d’autore solo laddove un autore umano abbia determinato elementi espressivi sufficienti. Ciò può includere situazioni in cui un lavoro scritto da un essere umano è percepibile in un output dell’intelligenza artificiale, o un essere umano apporta arrangiamenti o modifiche creative dell’output, ma non la semplice fornitura di suggerimenti. L’Ufficio conferma che l’uso dell’intelligenza artificiale per assistere nel processo di creazione o l’inclusione di materiale generato dall’intelligenza artificiale in un’opera più ampia generata dall’uomo non impedisce la tutela del diritto d’autore”.

I principi fissati dal Copyright Office

Questa posizione, che riprende quanto già evidenziato nel primo approccio dell’ufficio in merito al riconoscimento o meno di opere create con l’AI, stabilisce una serie di principi chiari.

In primo luogo, l’aspetto normativo. Le questioni relative alla tutela del diritto d’autore e all’intelligenza artificiale possono essere risolte conformemente alla legge esistente, senza la necessità di modifiche legislative.

L’uso di strumenti di intelligenza artificiale per assistere piuttosto che sostituire la creatività umana non influisce sulla disponibilità della protezione del diritto d’autore per il risultato.

Si conferma che il copyright protegge l’espressione originale in un’opera creata da un autore umano, anche se l’opera include anche materiale generato dall’intelligenza artificiale.

Il copyright non si estende al materiale puramente generato dall’intelligenza artificiale o al materiale in cui non vi è un controllo umano sufficiente sugli elementi espressivi.

Occorre analizzare caso per caso se i contributi umani ai risultati generati dall’IA siano sufficienti per costituire la paternità.

Sulla base del funzionamento dell’attuale tecnologia generalmente disponibile, i prompt non forniscono da soli un controllo sufficiente.

Gli autori umani hanno diritto al diritto d’autore sulle loro opere d’autore che sono percepibili negli output generati dall’intelligenza artificiale, nonché sulla selezione creativa, il coordinamento o la disposizione del materiale negli output o le modifiche creative degli output.

Non viene proposto un diritto d’autore aggiuntivo o una protezione sui generis per i contenuti generati dall’intelligenza artificiale.

Un altro aspetto rilevante riguarda i prompt.

“L’Ufficio conclude che, data l’attuale tecnologia generalmente disponibile, i prompt da soli non forniscono un controllo umano sufficiente per rendere gli utenti di un sistema di intelligenza artificiale gli autori dell’output. I prompt funzionano essenzialmente come istruzioni che trasmettono idee non protettive. Mentre i prompt altamente dettagliati potrebbero contenere gli elementi espressivi desiderati dall’utente, al momento non controllano il modo in cui il sistema di intelligenza artificiale li elabora nella generazione dell’output.”

La linea del Copyright Office si coniuga in modo concreto con le posizioni dell’industria dei contenuti e della musica in particolare. Le opportunità delle tecnologie sono davanti ai nostri occhi e sono molto evidenti le potenzialità. Resta da definire un quadro giuridico chiaro, che in parte potrebbe essere risolto anche dalle decisioni dei giudici nei casi pendenti, quali, ad esempio Udio e Suno. Le iniziative del settore, soprattutto nell’ambito dell’AI etica, sono in corso e si vanno delineando anche i modelli di licenza.

Tutela della proprietà intellettuale, i paradossi dello scontro OpenAI-DeepSeek

Sul fronte della tutela della proprietà intellettuale ha generato una particolare attenzione il recente scontro tra OpenAI e la start-up cinese DeepSeek, dove la nota piattaforma americana ha accusato la seconda di aver violato i diritti nell’addestramento dei propri sistemi tramite “distillazione”.

L’episodio ha generato molta ironia in rete. Esperti come Ed Newton-Rex, editorialisti e perfino rappresentanti della comunità dei creatori, come Sacem, la società degli autori francese, hanno espresso soddisfazione per la presa di posizione di OpenAI su una forte protezione dei diritti IP.

OpenAI, come altre piattaforme di AI, sono infatti accusate da più parti di avere a loro volta saccheggiato l’industria creativa per addestrare i propri sistemi.

La più nota azione giudiziaria contro OpenAI è stata intrapresa dall’editore del New York Times.

L’argomento principale degli editori è che i dati che alimentano ChatGPT includono milioni di opere protette da copyright delle testate giornalistiche, articoli che le pubblicazioni sostengono siano stati utilizzati senza consenso o remunerazione, qualcosa che secondo gli editori equivale a una violazione del copyright su vasta scala.

La questione centrale della tutela del copyright è anche oggetto delle tensioni in corso a Bruxelles in merito al codice dell’AI (General-Purpose AI Code of Practice). Le prime bozze del testo risultano alquanto dannose per l’industria dei contenuti ed in contrasto con la stessa legislazione sul copyright europea. La coalizione dei creatori ha scritto al Commissario Virkkunen rappresentando le criticità del lavoro in corso sul codice.

La seconda bozza del Codice di condotta, il cui obiettivo dovrebbe essere quello di stabilire le policy relative al copyright che i fornitori di IA per scopi generali dovrebbero attuare per dimostrare la conformità alla legge sul copyright dell’UE, introduce invece elementi che minano le regole del diritto d’autore dell’UE. Ad esempio, invece di stabilire che i fornitori devono avere un accesso legittimo ai contenuti protetti da copyright che utilizzano per la formazione, come richiede la Direttiva DSM dell’UE, la bozza suggerisce che i fornitori di IA debbano semplicemente fare “sforzi ragionevoli e proporzionati” per garantire un accesso legittimo.

La battaglia si annuncia complessa su tutti i fronti. Politici, giudiziari e tecnologici.